Grazie alla voglia di trasformare e di abbellire l'ambiente sacro messa in atto nel XVIII secolo, anche il soffitto non potè sfuggire a tali modifiche, infatti le vecchie capriate, risalenti certamente alla primitiva struttura, vennero mascherate da una controsoffittatura lignea a semplice tavolato, legato alle catene delle capriate stesse, eludendo, così, il tema della volta in muratura che per ben due volte, nel 1699 e nel 1725, era stato, senza riscontro, riproposto dall'allora Università.
Si ripiegò, così, sul sistema antico della copertura lignea, probabilmente non per mancanza dei considerevoli fondi ma per ragioni di statica e, di conseguenza, per le grosse difficoltà tecniche di attuare l'ambito progetto.
Il nuovo soffitto, suddiviso in due parti, della navata e del Presbiterio, venne al tempo decorato con dovizia di particolari pittorici distribuiti secondo il gusto scenografico in voga nel periodo. In quello della navata fanno spicco, agli angoli, quattro grandi figure allegoriche e cioè la Fede, la Speranza la Carità e, forse, la Giustizia e, da una parte e l'altra della tela incastonata al centro, le raffigurazioni, entro finte cornici, dei Santi protettori S. Stefano e S. Cesario, Santa Barbara e S. Irene, nonché, lungo le fasce laterali, fantasiosi ed eleganti motivi architettonici di stile rococò (balaustre flesse su alte basi dalle cornici sagomate e arricciate a volute su cui poggiano simmetriche figure di angioletti alati), tirati con un bel gioco di finzione prospettica. Tali lavori decorativi, iniziati nel 1715 per mano del maestro Francesco Cristofano, un decoratore probabilmente di origine barese, furono completati ed estesi al soffitto del Presbiteria nel 1743 da un eccellente maestro di Mola di Bari, di cui non conosciamo il nome, grazie all'interessamento e alla munificenza del concittadino Giandomenico Spilotros, abitante'in quella cittadina costiera, che, in cambio della sua munificenza, ebbe il consenso di farvi dipingere lo stemma di famiglia, tuttora visibile.
Completano l'intera decorazione due tele devozionali, poste al centro delle due parti del soffitto.
La prima, quella della navata, rappresenta «la Vergine Addolorata» sospesa su un cumulo di nubi, col petto trafitto da uno stilo, mentre guarda la Croce portata in trionfo da vivaci angioletti alati, alcuni dei quali sorreggono anche altri simboli del martirio di Cristo. In basso, dall'una e l'altra parte, con lo sguardo rivolto alla Madonna, sono effigiate le figure di S. Pietro, e di S. Giovanni Battista, sorreggente un'esile croce con cartiglio avvolgente e con agnello ai piedi. Fra queste figure spicca un angioletto, che, indicando con la sinistra S. Pietro, eleva con la destra le emblematiche chiavi bicolori ricevute da Cristo.
La tela del soffitto del Presbiterio raffigura la «Vergine incoronata dalla SS. Trinità». Al centro, quale fulcro dell'intera composizione, vi è la Vergine Immacolata con le mani giunte e testa reclinata in umile atteggiamento, redimita da dodici stelle splendenti, come si legge nell'Apocalisse. Più in alto, con gli attributi iconografici consueti, le persone della SS. Trinità formano un triangolo protettivo. Mentre l'emblematica colomba, al centro, irradia luce in ogni direzione, il Padre e il Figlio distendono le braccia per reggere una corona regale sospesa in direzione della testa della Vergine. In basso, in perfetta simmetria dei due cherubini alati della parte superiore, suddivisi in due gruppi, sono gli arcangeli Michele e Raffaele, a sinistra. guardando, e Gabriele più un altro non identificato, a destra. Sono riconoscibili dai loro attributi iconografici: S. Michele è vestito da antico militare con corazza ed elmo, S. Raffaele impugna il bastone da viaggio, mentre S. Gabriele stringe al petto il giglio dell'annunzio a Maria. Questa seconda tela è di mano più modesta della prima come denotano il modo direi grossolano di rappresentare in maniera inutilmente ridondante le pieghe delle vesti e dei manti nei loro avvolgimenti, la maniera sommaria di creare i corpi, e l'inespressività degli Arcangeli, alcuni dei quali duri e goffi.
Questa è da attribuirsi all'ignoto maestro di Mola, come si attesta nelle memorie manoscritte dell'avv. Casulli, e risale al 1743, mentre la prima, meglio disegnata e dalla pennellata più sciolta, potrebbe essere del menzionato maestro Cristofano e risalire, probabilmente, intorno al 1728, anno in cui la Vergine Addolorata fu dichiarata Patrona Principale di Putignano.