La storia di Putignano negli ultimi anni del 1700
Tra Francesi e Borboni
Gli ultimi anni del 1700 furono ricchi di tafferugli e lotte per la supremazia sul territorio. Le chiese del territori cercavano arringhe e sotterfugi di ogni genere per cercare in tutti modi, con plagio e forzature, di far arruolare volontari nell'esercito Borbonico. Ma nel 1799 Napoli fu invasa dai francesi e i volontari uniti ai carcerati tornarono a casa. In febbraio un cittadino consigliò al Sindaco Eligio Angelini di distribuire coccarde borboniche. Così coloro che erano stati fregiati, principalmente contadini del paese, giravano in paese col petto ornato dell'insegna reale. Per cui nonostante l'invasione dei francesi avvenuta sul territorio di Napoli e quindi di tutto il regno, la città plagiata simpatizzava ancora per i Borboni.
I Francesi erano già sul territorio di Bari, quando Moisè un cittadino putignanese lungo la strada tra Turi e Casamassima incontrò un gruppo di persone che gli chiesero se nella città fosse stato piantato l'Albero della Libertà, simbolo del dominio francese. Quando Moisè rispose che non era stato piantato e che quindi i cittadini non riconoscevano il dominio francese, fu obbligato a tornare sui suoi passi e nella sua città per riferire ai signori dell'Università la minaccia di distruzione. Moisè fu sollecito nel riferire l'accaduto, ma fu imprigionato perchè considerato complice dei francesi. Per precauzione tutti gli oggetti di valore presenti nelle chiese e nei luoghi comuni, furono nascosti. Fu eretto l'albero della Libertà, poi bruciato e abbattuto, e al suo posto fu posizionata una colonna sormontata da una croce, ma anche questa durò poco, in quanto dopo pochi mesi ci fu l'insorgenza di cittadini contrari al dominio Borbonico, così ancora una volta tutto tornò come prima.
Era il 1806 quando a Putignano i francesi piantavano davanti al Municipio tre olmi destinati a simboleggiare l’ideale rivoluzionario. Cronache del tempo raccontano che quando i tre alberi vennero messi a dimora il popolo accompagnò l’evento con giochi, canti e balli, pretendendo persino, ma all'unico scopo di deridere i nemici, che un prete benedicesse le giovani piante. L'unico olmo ancora presente, insieme ad altri due che non sono sopravvissuti fu piantato davanti alla Porta Grande di Putignano.
Fino al 1808 il dominio dei Cavalieri di Malta perdurò fino poi a diventare Comune del Regno delle due Sicilie.
Il pensiero e la volontà di una Italia Unita trovò terreno florido, per cui la locale loggia fu molto fiorente, così nel 1820 il liberale putignanese Avv. Gianfedele Angelini andò come depuato al Parlamento Napoletano, mentre nel 1848 anche un altro putignanese su eletto Deputato avv. Giuseppe Maria Romanazzi. Al fine di arginare il vento di reazione che soffiava ovunque, sorsero convegni, diete, giunte per tenere a bada i liberali. Del Comitato d'Azione per tenere l'Unità d'Italia fece parte in qualità di Presidente per Putignano il Dott. Camillo Morea. Dal 1850 al 1860 si tennero a Putignano tutte le riunioni del Comitato Provinciale per l'Unità d'Italia.