In ogni buona famiglia nobile la permanenza/residenza in un determitato posto cambiava nei vari periodi dell'anno; Nel periodo invernale, quindi freddo, difficoltà di spostamenti per le condizioni meteo, la residenza era di solito nel centro della città; nel periodo estivo, quindi caldo, verde, giardini, la vita dei nobili si spostava in lussuose ville o masserie nelle campagne; Durante la stagione di caccia spesso raggiungevano posti dove la selvaggina alimentava le battute, praticamente case vicino boschi, foci di fiumi, ecc.
Anche la famiglia dei Romanazzi Carducci si muoveva nelle varie residenze. Nello specifico una residenza estiva era la villa nella zona di San Pietro Piturno in direzione Turi - Bari.
La prima citazione della masseria situata nell'area di San Pietro Piturno con annessa chiesa, torri ed altri membri è scritta nel testamento (AD 1643) di Michele Angelo Trevisani, già benefattore e promotore tramite lascito testamentario della chiesa convento di
San Domenico.
È pensabile che San Pietro Piturno sia appartenuta ai Domenicani fino alla soppressione del Convento (1813) e successivamente sia stata acquistata all'asta, indetta dal demanio pubblico, dalla famiglia Romanazzi Carducci che a posteriori provvidero ad integrarne la Villa.
Nel 1967 la struttura passò al Comune, insieme al Palazzo del Balì, con testamento del Principe Guglielmo Romanazzi Carducci col vincolo che diventasse Casa di riposo intitolata alla moglie Donna Giulia Saluzzo.
Estrapolato del Testamento di Michel'Angelo Trivisano presente nell'Archivio Generale dell'Ordine Domenicano in Roma.
Il testamento U.J.D (Utriusque Juris Doctor), rogato dal notaio Nicola Antonio Fanelli il 17 giugno 1643 e pubblicato in data 26 novembre 1658 dopo la morte del testatore.
"Essendo morto il dottor Michel’Angelo Trivisano, di detta Terra nel mese di novembre 1658, aperto il suo testamento solennemente fatto e chiuso sin dall’anno 1643, in quello si trova fatto legato alla religione dei Predicatori di diversi corpi di stabili et annue entrate, con obbligo di fondare un convento della medesima religione in detta Terra, sotto il titolo del Patriarca San Domenico, dalli frutti di detti stabili e dall’annui censi decorsi et altri che sariano andati maturando; con peso di celebrare una messa il giorno per l’anima sua, della sua moglie Giovanna Capone e di Paolo Battista Groffoglietti suoi benefattori e le litanie ogni sabbato. Li beni stabili ed annue entrate lasciate in testamento sono: Un appartamento di case site a Santo Stefano, vicino la casa di Giov. Carello e la casa di Sigismundo di Maestro Pietro con tutti i membri e con l’uscita alli Specchi dove abitava esso pio disponente valore 1000 scudi La casa avanti detto palagio valore scudi 40 Altra casa nella detta contrada di S.Stefano valore scudi 50 La casa alla contrada della Maddalena valore scudi 130 Una massaria di tomoli 300 in circa con lamie, acquari ed altri membri valuta scudi 1500 Un’altra massaria di terre chiuse a Santo Pietro Piturno, con chiesa, torri et altri membri valuta scudi 1000 Tomoli 8 di terre alle Pentimelle valuta scudi 140 Tomoli duoi (forse 2) di terre seminatorie al Pirillo di valore di scudi 40 Altri tomoli otto di terre consistenti in nove chiuse contigue alle vigne inferius describendae di valore di scudi 160 Quartieri 40 di vigne al Cicivizzo et altri 15 all’istesso luoco con palmenti ed altri membri di valuta scudi 700. Ogni quartiro di vigne è di 625 viti....".