Le strutture TBC e le loro caratteristiche
I sanatori in Europa ed in Italia
L’esperienza italiana
Nel Nuovo Regno d’Italia le prime colonie di bosco o montane furono istituite facendo tesoro delle pionieristiche esperienze varate a metà ‘800 nel Gran Ducato di Toscana. Si trattava di iniziative ispirate ad un misto di socialismo filantropico e spirito imprenditoriale finalizzate allo sfruttamento dell’ “industria del tubercoloso” che nella speranza dei promotori era destinata a essere “redditizia e permanente” perché, diversamente da quella turistica del sano, “non conosce fermi stagionali”.
Nel 1897 in Italia si adottarono le prime disposizioni per il raggruppamento dei tisici in reparti di isolamento, mentre sono del 1899 le normative per la lotta contro la tubercolosi negli ospedali, negli opifici ed in generale nei luoghi di lavoro a carattere industriale. Nel 1900 fu indetto dallo Stato italiano un concorso pubblico a premi per un progetto di sanatorio popolare. Nei primi tre Congressi Italiani contro la TBC si portarono in discussione tre argomenti di straordinaria importanza per l’epoca: l’utilizzo del dispensario come mezzo profilattico e come mezzo curativo, l’assicurazione obbligatoria dei lavoratori contro le malattie, la richiesta di un contributo legislativo e finanziario dello Stato.
Uno sprone importante nella strutturazione dell’organizzazione sanitaria e previdenziale contro la TBC fu l’aumento della mortalità durante e dopo la Grande Guerra. Il “mal sottile” acuiva la propria connotazione di malattia sociale attorno al quale fiorirono iniziative di contrasto su vasta scala, soprattutto con l’Opera Pia Sanatori Popolari in Lombardia.
Nel 1919 la Legge n.1382 decuplicava gli stanziamenti di bilancio, concedendo crediti e sussidi per la costruzione di dispensari e sanatori. Da questo momento la lotta contro la tbc in Italia cessò di essere una questione di beneficenza privata e si fondò su provvedimenti dello Stato. I Comuni potettero accendere mutui per realizzare opere per un totale di 45 mln di lire per provvedere alla realizzazione di nuove opere o all’adattamento di strutture preesistenti per gli ammalati di tbc, secondo un’articolata tipologia di strutture a fronte dei diversi stadi della malattia: dispensari urbani e rurali per “tubercolizzati”, sanatori di montagna per “tubercolotici”, sanatori di pianura per “tisici”, sanatori popolari secondo il “modello tedesco” e “dispensari profilattici” secondo il “modello francese” delineando così in una sorta di via italiana della lotta antitubercolare. Conformemente alle istruzioni ministeriali, gli istituti erano distinti in:
⦁ Sanatori propriamente detti o sanatori climatici
⦁ Ospedali sanatoriali
⦁ Reparti ospedalieri per tubercolotici
⦁ Infermerie per tubercolotici
⦁ Colonie post-sanatoriali lavorative o per “migliorati stabili”.
La costruzione della rete di edifici si doveva basare su un’unica tipologia consistente in un edificio a monoblocco a due o tre piani fuori terra, con schema a “T” con due bracci corrispondenti ai reparti di degenza maschile e femminile, simmetrici rispetto a una spina centrale di servizi comuni. Le camere erano comprese tra il corridoio di servizio a nord e un’unica veranda continua sul lato sud; le testate erano leggermente aggettanti in modo da proteggere il fronte dal vento.
Nel 1927 la Legge n. 1276 rese obbligatoria, in ogni provincia, la costituzione del Consorzio antitubercolare come ente di diritto pubblico destinato alla disciplina della lotta, alla tutela ed assistenza del malato, nonché alla profilassi dei sani nella rispettiva provincia attraverso la costituzione di Dispensari antitubercolari Provinciali nei capoluoghi di provincia e le Sezioni Dispensariali in alcuni grandi quartieri nelle grandi città e nei centri minori. Inoltre, a fronte degli oltre 60.000 morti per tbc annui, con il Decreto Legge del 17 ottobre 1927 n. 2055 si imponeva a tutti gli assicurati per invalidità e vecchiaia, un contributo per organizzare ed eseguire l’assistenza, nel caso che essi o persone di famiglia si fossero ammalati di TBC. Si calcolò che, grazie a questi provvedimenti, quasi la metà della popolazione italiana sia stata coinvolta nei benefici assicurativi.
La lotta antitubercolare in regime assicurativo diventa così statale, sociale e sanatoriale, in quanto la tbc si curava solo con la terapia sanatoriale e per il tramite del sanatorio, inteso sia come compendio di regole igieniche, consulto medico e disciplinata condotta di degenza sia come struttura architettonica conformata e progressivamente affinata per essere un vero e proprio strumento di cura.
Mortalità per TBC (tutte le forme) in Italia dal 1887 al 1951 (dati proporzionali a 100.000 abitanti). Le fasi di accentuata deflessione si sono verificate nel periodo 1900-1914, in coincidenza con la diffusione della diagnostica radiologica e con la creazione delle prime istituzioni sanatoriali e dei dispensari antitubercolari; nel 1927-1940 grazie all’istituzione dei Consorzi Provinciali Antitubercolari e dell’assicurazione obbligatoria contro la TBC; nel 1945 ed anni seguenti grazie alla diffusione della terapia antibiotica antitubercolare ed all’applicazione della schermografia a livello di massa nella diagnostica precoce.
Con il diffondersi della cura antibiotica l’intero patrimonio di edifici costruiti per garantire ricoveri prolungati a grandi masse di malati divenne progressivamente obsoleto e sottoutilizzato. All’inizio degli anni Settanta il patrimonio sanatoriale dell’INPS fu ceduto al Servizio Sanitario Nazionale e i sanatori vennero destinati nella maggior parte dei casi ad accogliere ospedali autonomi. La destinazione ospedaliera non è sempre stata praticabile nonostante la robustezza delle strutture perché l’inadeguatezza delle finiture ai mutati standard igienico-sanitari ha spesso determinato sostanziali problemi di riutilizzo.
a cura dell'arch. Silvia Laterza