La malattia TBC informazioni descrittive

La Turbercolosi o TBC
Prima della Rivoluzione industriale, la tubercolosi era talvolta associata al vampirismo perché con sintomi simili a quelli che le persone reputavano essere tratti vampirici. Le persone che soffrono di tubercolosi hanno spesso occhi arrossati e gonfi (che, a loro volta, causano sensibilità alla luce intensa), un colorito pallido e tossiscono sangue, il che può suggerire, quale unico metodo per ripristinare questa perdita di sangue, di succhiarlo da altri. La TBC venne romanticizzata nel XIX secolo. Molte persone credevano che la tubercolosi causasse sensazioni di euforia definite come spes phthisica, o "speranza del consunto". Si pensava che gli artisti vittime di TBC avessero scoppi di creatività mentre la malattia progrediva. Al contempo, la passione per le storie d'amore e morte ha portato alla celebrità personaggi di poesie, romanzi e opere, morti di tisi, come la destinataria del componimento A Silvia, di Giacomo Leopardi, la Marguerite Gautier della Signora delle camelie di Alexandre Dumas figlio o la Mimì della Bohème di Giacomo Puccini. Anche opere moderne, ma ambientate a cavallo tra XVIII e XIX secolo, hanno incluso personaggi ammalati di tisi (ad esempio Oscar, protagonista nell'omonimo manga Lady Oscar), usando la malattia quasi come un tòpos di quel particolare periodo storico.
Tra Ottocento e Novecento la tubercolosi cessò di essere considerata una malattia romantica – chiamata anche “peste bianca”, “mal sottile” o “consunzione”, poiché sembrava consumare le persone da dentro – e assunse i caratteri di una vera emergenza sanitaria per la nuova società industriale e urbanizzata. La mortalità per tubercolosi polmonare diminuì sensibilmente nel secondo dopoguerra grazie al sostanziale perfezionamento della terapia farmacologica per opera di Waksman che nel 1952 fu insignito del premio Nobel per la Medicina. Dagli anni Sessanta, gli antibiotici hanno permesso di contrastarla in maniera sempre più efficace ma la TBC è oggi una malattia globale che ogni anno provoca oltre un milione di vittime.
La cura e i sanatori
Inizialmente i sanatori erano costruiti per prevenire il contagio, isolando i malati in maniera confortevole. La terapia sanatoriale, infatti, era una cura palliativa per il controllo dei sintomi e lo stimolo delle difese immunitarie. La cura si basava sul riposo, la nutrizione e l’aria pura, cioè sulle tre “L”: lana, letto, latte. Nel XX secolo l’architettura si sviluppò secondo i criteri del funzionalismo e seguendo l’evoluzione della medicina: aria, luce e sole entrarono all’interno degli edifici per fortificare i malati e favorire la guarigione. Fino a quando gli antibiotici non furono efficaci contro l’infezione, il sanatorio fu il principale strumento della cura, una vera e propria machine à guérir. Alla sua progettazione lavoravano a quattro mani il medico e l’architetto. Precetti igienici fondamentali, alimentazione controllata, pulizia, riposo, luce e aria, furono applicati per la prima volta nella clinica del dr. Brehmer nella Slesia, al confine tra Polonia e Repubblica Ceca, costruito in forme neogotiche a partire dal 1859 in un fitto bosco resinoso. Era una sorta di grande albergo disegnato con una particolare attenzione alle forme, all’arredo e al comfort del soggiorno.
a cura dell'arch. Silvia Laterza