A Putignano i taralli, che per calibro più piccolo diventano “tarallini”, hanno caratteristiche simili a quelle di tutto il contesto Pugliese, ma è la tradizione che li rende unici. Nel tempo le fasi di cottura diventano due. Prima della cottura tradizionale in forno, viene fatta una sorta di lessatura, bollitura che conferisce al prodotto finito una croccantezza spinta ed un retrogusto di leggera affumicatura.
La tradizione racconta che in ogni famiglia, di solito il sabato, si faceva il pane e tutti i prodotti da forno, tra cui i tarallini. Questi ultimi dopo la fase di lievitazione e di bollitura, che solitamente erano effettuate il giorno precedente, per la cottura venivano portati in uno dei forni comunali presenti nel borgo antico per mezzo del “ragazzo del forno” che li consegnava disposti ordinatamente per file e colonne sullo “spurt”, in dialetto autoctono una sorta di madia, .
Col tempo i tarallini sono diventati
cibo conviviale da condividere in compagnia.
Un tempo si consumavano nelle cantine tipiche sottoposte accompagnati da vino rosso, quello “tosto” di gradazione alcolica alta 13°/14° Vol., e più taralli si mangiavano e più vino si beveva. E’ dalla tradizione cantiniera che nasce l’espressione “Tarallucci e vino” cioè, il tarallo, già considerato alimento povero, viene ulteriormente surclassato col diminutivo di “taralluccio”, a testimoniare una controversia finita in maniera superficiale.
I tarallini successivamente entrarono nei salotti di tutte le case, quale cerimoniale di accoglienza per gli ospiti che ogni buona casalinga soleva mettere in pratica.
Oggi, in ogni buon aperitivo Pugliese è presente un vassoio o cesto di tarallini al vino bianco, che si abbinano perfettamente ai classici alcolici e analcolici.