Storie inedite legate al Carnevale di Putignano. Fatti, testimonianze o leggende da conoscere
Gli spiriti maligni | Il periodo di Carnevale nei conventi di clausura
- è una prova che anche nel lontano 1729 il Carnevale a Putignano era già vissuto come evento particolarmente importante
- dà una testimonianza eloquente di quale fosse l’atmosfera che si respirava in quei tempi all’interno delle clausure nei conventi presenti su Putignano
- dimostra come le monache vivessero il periodo carnevalesco con ansia e sofferenza per tutti i cosiddetti peccati del mondo.
<< Mentre per quanto rifletteva i Spiriti Maligni, eravi stato provveduto diffinitivamente ed antecedentemente fin dal 1728, bastando trascrivere quel tanto rinviensi nella Vita del Beato P. Domenico Bruni della Compagnia di Gesù, scritta dal P. Domenico Antonio Moscati e precise, quando tale Beato, figlio di Giuseppe e di Girolama Ciabutta (al secolo Domenico) nato in Guardia Sanframondi di Cerreto di Maddaloni e morto in Napoli il 14 Settembre 1730, fu in Bari per la terza volta dal 1707.
In Putignano nel Carnevale del 1729, la Madre (del Convento delle Carmelitane Scalze) Suor Maria Michele Leporis delle Vergini Carmelitane colà sentiva delle sassate in sua camera, ciocchè anche sentivano molte Monache; e in tal evidenza di quel successo, che le pietre lanciate fin le trovavano. Allor con l’uso di sante opere, si quietarono i rumori; ma però subito nel Carnevale seguente, si fu tale il fracasso di quei demonj, che Ella con le altre Monache intimorite abitavano al basso del Monistero. Si provò quel Maestro Carmelitano P. Fra Tommaso Maria Grassi, di sovvenirle d’alcun valevole rimedio, ma tanto non profittò coi scongiuri, che anzi se ne calarono quei Spiriti a contristar lì basso le Monache, che colla visione di qualche Ombra oscurissima, di fiamme visibili di gran fuoco, per cui anche qualcuna ne fu in deliquio.
Così duraronla fino a Pasqua: nel qual tempo fu chiamato in Putignano il buon Padre Bruni per questo affare. Voleva intanto il P. Maestro che vi si andasse col Sacramento: ma non per ora, diss’egli, si faccia poi, s’altra cosa v’occorrerà. Fè dunque collocare nella Camera l’Immagine dell’Arcangelo Rafaele; gli ordinò la Novena colla sua Messa di ciascun dì e celebrovvi egli la prima, con nove lumi che ardevano sull’altare, nove Pater et ave, col Gloria Patri e tre salmi coll’orazione all’Arcangelo, saepe expugnaverunt me gratis, de profundis clamavi ad te Domine, coeli enarrant gloriam Dei. Dal primo giorno della novena restò quietissimo il Monistero fino a tanto che visse il P. Domenico e sortavi novità nel Febbraio del 1731 allora col Divinissimo Sacramento, benedetto quel luogo, si rese immune. Nell’ultimo, non si sa che vedesse, quando dopo un discorso spirituale, messosi sulla porta del Monistero (dico l’interiore della detta clausura) incominciò a gridare il Sant’Uomo e non senza spavento di quelle Monache: “Oihmè quanti demonj! Quanti demonj! La porta dell’Inferno si è questa!” e col bordone appoggiato al petto e con le braccia piegate in croce , brevemente adorando, si mise a piangere. Indi coll’aspersorio e con fretta benedisse la porta stessa e le grate più volte replicando per tutti: “Exurgas Deus et dissipentur inimici eius” coll’orazione della Chiesa “Visita quaesumus”. Il che fatto fè animo a quelle Suore, lasciandole confortate con dire: “Io ne caccio i demonj, vi lascio gli Angeli.” >>