Il 2 Febbraio c’è la ricorrenza liturgica nel culto Cristiano della “Presentazione di Gesù al tempio”, divenuta dopo il concilio Vaticano II, la festa della Purificazione della Beata Vergine Maria, nella quale si celebra il rito della benedizione delle candele, quale simbolo della Luce di Cristo che illumina le Genti, che poi dà origine al nome Candelora.
Tale festa Cristiana ha seguìto una ricorrenza pagana che, secondo alcuni storici e studiosi, nasce in Irlanda ed è “la festa Imbolc” (o anche Oimelc, o Imbolic), un antico avvenimento che cadeva al termine della stagione fredda e buia, tra il solstizio d’inverno e l’equinozio di primavera.
Il secondo giorno del mese di febbraio è divenuto un giorno propiziatorio per decretare la fine o meno della stagione fredda che cede il passo alle prime note di primavera. La variabile che sposta l’ago della bilancia tra una stagione e l’altra è la presenza o meno del sole.
In tutta Italia i detti si assomigliano, ma tra il nord e il sud ci sono inversioni di fattori. Infatti in Lombardia il detto recita “A la Madona da la Sciriœura dol inverno a semm da fœura ma s'al fioca o al tira vent quaranta dì a semm anmò dent (Alla Madonna della Candelora dall'inverno siamo fuori, ma se nevica o tira vento quaranta giorni siamo ancora dentro) oppure in Veneto “se ce sole a candelora del inverno semo fòra, se piove e tira vento del inverno semo dentro” (Se c’è il sole alla Candelora dall’inverno siamo fuori viceversa nell’inverno siamo dentro. Viceversa al sud la presenza del sole indica la permanenza dell’inverno almeno per altri 40 giorni.
La Candelora, nella realtà del territorio della Murgia, prende anche il nome di “Festa dell’Orso”. La storia racconta che secoli fa, nel territorio, era presente l’orso bruno Marsicano che all’epoca era comune in Italia centro/meridionale dalle Marche alla Puglia. L’orso Marsicano, oggi presente in pochi esemplari solo in Abruzzo ormai, ha necessità di due cose sostanziali: copertura boschiva e incavi rocciosi o grotte dove poter andare in letargo. Prima che ci fosse il grande disboscamento che la civiltà industriale ha voluto, queste due caratteristiche erano molto comuni nel territorio Pugliese.
Secondo la tradizione, il comportamento dell’orso nella fase di letargo decretava o meno la fine dell’inverno, infatti se il 2 febbraio, sfruttando la bella giornata di sole, lo stesso veniva fuori dalla sua tana rifacendosi il pagliaio (a sarc’n), ossia il giaciglio caldo, allora l’inverno durava almeno altri 40 giorni, se viceversa, la giornata era piovosa o addirittura con la neve, l’orso dovendo rimanere nella tana sanciva la fine dell’inverno.
L’orso nell’immaginario collettivo assume una connotazione semantica ambivalente, può essere buono e al tempo stesso cattivo e quindi nella rappresentazione può essere familiare e contemporaneamente estraneo, inquietante o divertente. Su queste reinterpretazioni nasce la “festa dell’orso” nell’ambito dei riti del Carnevale di Putignano; una rappresentazione lirico-teatrale messa in scena, nei vicoli del borgo storico, dalla Associazione Hybris con cinquanta tra attori, figuranti, danzatori e musicisti che interagiscono con due imponenti orsi realizzati in cartapesta mettendo in scena cinque atti: La caccia all’orso, la cattura, il processo per le sue malefatte, la condanna a morte per concludersi con l’oracolo meteorologico.
Da queste storie mixate a leggende ogni anno c’è la ricorrenza della “Festa dell’Orso”