Cesare Antonelli, pittore. Nacque a Putignano da Don Alessandro di Monopoli e Agata Lippolis figlia di Don Francesco Paolo, il 5 luglio 1857 e morì a Monopoli il 12 novembre 1940, dopo una lunga vita trascorsa per buona parte a Roma.
Poco sappiamo della sua infanzia e dei suoi studi. E' pensabile che sia stato un autodidatta. A spese della Provincia di Bari fu mandato all'Istituto di Belle Arti di Roma, da dove nel 1885 inviò all'amico Riccardo Ferrara una sua pittura: un invernale « crepuscolo presso Castel Sant'Angelo ». Tornato a Bari, mosso da esigenze economiche, si avventurò nel commercio all'ingrosso di vini, olii e cereali. Nel 1888 si trasfed a Roma per continuare lo stesso commercio che gli fu avaro di guadagni. Probabilmente in questo periodo, mosso da interiore bisogno, avrà frequentato lo studio di qualche artista operante in Roma sulla fine del secolo per seguire la primitiva inclinazione e quindi perfezionarsi nell'arte pittorica.
Subito si distinse per una certa valenza nel campo della ritrattistica ed iniziò a ritrarre personaggi della nobiltà romana. E' da ricordare di questo periodo il ritratto pastello di Re Umberto I, che gli meritò un ammiratissimo elogio del Sovrano per la perfetta rassomiglianza. Insofferente per natura, lasciò Roma nel 1907 ed emigrò in America per tentare, come allora si diceva, la fortuna, sulla scia di tanti altri meridionali. E' di 4uest0 periodo il mirabile ritratto del Presidente degli Stati Uniti, Taft, che, al pari degli altri che seguiranno, si presenta con i caratteri di spontanea freschezza e naturalezza nei tratti somatici e psicologici.
Rientrato in Italia nel 1910, continuò a vivere in Roma, in un abbaino di via Margutta 42, facendo una vita grama di bohemien. Quivi riprese la sua attività di ritrattista, acquistandosi ben presto fama di valente artista in Italia e all'estero. Le sue opere furono molto ricercate specialmente dall'aristocrazia ecclesiastica di Roma. Sono di questo fecondo periodo i ritratti più felici: Papa Benedetto XV, il Cardinale Pietro Gasparri, il Comandante delle guardie svizzere, il re Vittorio Emanuele III, la contessa Persico, sorella di Papa Della Chiesa, il marchese Sacchetti, il Cardinale Tacci, il con tè Pietromarchi, il prof. Pinto
L'avaro, tra questi il più artisticamente valido, che fa pensare a qualche tipo creato da Domenico Induno, fu esposto nel 1911 alla Mostra degli Artisti indipendenti a Palazzo Teodoli al Corso, in Roma. Si legge in una cronaca di quell'anno che un ignoto vandalo o contestatore deturpò questo quadro insieme ad altre insigni opere tra cui la famosa statuetta in argento massiccio « L'acquaiolo» del grande Gemito. La cronaca continua testualmente: « viene quindi "L'avaro " del Prof. Antonelli, che è il più danneggiato con uno sfregio che va dall'alto in basso su tutta la guancia sinistra e un buco in fronte. Questo quadro è tra i migliori dell'esposizione, per forza di concezione, ed esecuzione.
E' da ricordare anche un grande quadro intitolato « La Pace », permeato di suggestione misticizzante, una lirica visione della pace sotto forma di una fine e nobile fanciulla, che scende per una scala marmorea con un ramoscello di ulivo in mano in un tripudio di luce. Quest'opera fa pensare ad un diverso ma non meno felice mondo poetico dell'artista, fiorito in un clima dominato dalle tardive voci preraffaellite di Sartorio e De Carolis.
Antonelli mostrò anche grande maestria nell'uso della tecnica del pastello con la quale riprodusse varie figure assai efficaci per disinvoltura e freschezza pittorica. Splendido è da ritenersi il ritratto della Contessa Pontecorvo, che balza di tre quarti dal fondo oscuro con tutto il trasparente gioco di mezze tinte che non sminuisce la sodezza plastica particolarmente delle mani e del volto luminoso, atteggiato a serena compostezza. Al vaporoso e lieve foulard, di un azzurrino cangiante, tenuto alla gola da un nodo lezioso, fa riscontro la linea ardita ma elegante del cappello cli raso, intessuto di colori più caldi e densi. Più suggestivo ma non meno armonico è il « Ritratto di fanciulla con collana d'ambra» dal segno frangiato e vaporoso della camicetta che si increspa in un libero gioco cli pieghe, su cui si imposta il giovanile volto pieno di calore e vitalità, appena appena velato al disotto cli una ricca capigliatura.
Alcune di queste opere varcarono i confini d'Italia per rendere ancora più ricche alcune celebri gallerie estere: il grande dipinto Lo strozzino è a Sydney; una copia dell'Avaro a Londra; le Paludi Pontine negli Stati Uniti. L'opera che rese famoso nel mondo il nome di Cesare Antonelli (ne parlarono ampiamente giornali italiani e stranieri) fu un grandioso quadro di cerimonia, commissionatogli dal Papa Benedetto XV per celebrare ed eternare la promulgazione del Codice di Diritto Canonico. Questa storica tela, che misura sei metri di larghezza e quattro di altezza, rappresenta il Papa in trono nel momento in cui il Cardinale Gasparri, leggermente inchinato, gli presenta il primo esemplare del nuovo Codice. Intorno sono raffigurati i Porporati della Commissione per la Codi1ìcazione, i membri della Corte pontificia, i familiari ed altri: hen 52 figure o meglio validissimi ritratti, visti nei più minuti particolari, tutti di splendida fattura. All'estrema sinistra, lungo l'orlo della preziosa cornice, si affaccia il volto dell'autore, come nella migliore tradizione dei grandi artisti. La cerimonia storica, vista con obiettiva precisione, per evitare che scadesse a forme espressive che sono proprie della fotografia, è arricchita dalla riproduzione, intorno al trono, di tre grandi arazzi di Raffaello:
la Natività, L'Ascensione, e la Cena di Emmaus. All'artista, che realizzò questa tela in cinque anni di coscienzioso lavoro, fu approntato lo studio in Vaticano, in un luminoso vano a livello del portico della Basilica di S. Pietro, sotto il campanile. Questa tela è tuttora in Vaticano nella sala Ducale. Il bozzetto, invece, si ammira nella Sagrestia della nostra Chiesa Madre, dono munifico del Sig. Angelo Petruzzi, cugino del pittore, presso il quale si trovano parte.
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