La
descrizione voluta da Treccani, è
"In agraria, p. un ramo, eseguirvi una propaggine; p. una pianta, moltiplicarla per mezzo di una propaggine"
Una propaggine o anticamente propagine con una sola "p", secondo la definizione dell'enciclopedia comunitaria Wikipedia è: "In agraria, il termine propaggine indica il ramo che viene piegato e interrato per la moltiplicazione per propagazione, detta anche propagginazione, di una pianta. Viene anche utilizzato come sinonimo di tale attività, ad esempio, in frasi come: "fare la propaggine", "moltiplicare per propaggine".
Propagginare le viti, in vernacolo "Chiandà u Ceppon", non era altro che il lavoro svolto dai nostri avi contadini a fine Dicembre di ogni anno, quando alcuni dei tralci, ormai privi di foglie, venivano sotterrati per moltiplicarne il numero e ringiovanire i vigneti. Questa era la fase propedeutica alla potatura complessiva di ogni pianta, che serviva a farla riposare per tutto il periodo invernale. La tecnica delle propaggini non viene più utilizzata dagli inizi del 1900 a causa dell'arrivo ed il moltiplicarsi della Fillosera della vite, un fitofago associato alle specie del genere Vitis che attacca le radici delle viti facendole marcire, ai giorni nostri si preferisce moltiplicare le piante per talea.
Dalla metafora del gesto di penetrare il terreno da parte del ramo di vite che nasce l'evento di apertura del Carnevale il 26 Dicembre di ogni anno. Simbolicamente nel "Chiandà u C'ppon", cioè nel penetrare con la parola sarcastica l'encomiabile oppure errata condotta del personaggio di spicco preso di mira, è racchiusa la metafora con la vite.
Nella declamazione dei versi ironici si può notare il costante richiamo di tutti i propagginanti al lavoro della vigna barbatell (barbatella), c'ppon (ceppo di vite), ciucc'nat (anfora di creta per conservare il vino), buttiglion (Bottiglione). Più appariscenti e folkloristici i carri addobbati con tralci che portavano i propagginanti da Porta Barsento all'ingresso del borgo antico al largo di Santa Maria ed infine sul Corso, i propagginanti stessi vestiti da contadini e da massai. Queste tradizioni non sono scritte in nessun testo, ma evidentemente si sono conservate nel tempo come avviene per tutte le storie e le leggende arrivate fino ai giorni nostri con la tradizione orale