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Dal corteo delle reliquie di Santo Stefano all'apertura del Carnevale di Putignano

La nascita del rito delle Propaggini e quindi del Carnevale di Putignano, si fa risalire al 1394, l'anno del trasferimento della reliquia di Santo Stefano dall'Abbazia omonima in Monopoli a Putignano.
 
Nel periodo medievale, infatti, nell'abbazia di Santo Stefano, ancora oggi abitata, risiedevano i feudatari di Putignano, cioè in ordine cronologico dapprima i Benedettini e in seguito, dal 1317 in poi, i Cavalieri dell'Ordine Gerosolimitano, divenuto dopo la conquista di Gerusalemme da parte dei Saraceni, Ordine dei Cavalieri di Malta. In questa Abbazia era custodito il prezioso reliquiario con parte del cranio di Santo Stefano. Le reliquie del Santo vennero trasferite nel 1394 nella Chiesa di S. Maria la Greca in Putignano per difenderlo da eventuali incursioni di pirati o saraceni, possibili data la prospicienza verso il mare dell'abbazia stessa.
 
Durante il trasferimento delle reliquie, i contadini di Putignano, che in quel periodo erano intenti a far le propaggini alle viti, cioè a interrarne i tralci senza reciderli dalla pianta-madre per dar vita ad una nuova pianta, si accodarono al corteo dei Cavalieri e una volta giunti in paese improvvisarono canti e balli per la gioia di avere in loco la protezione di un santo. Da allora la festa di Santo Stefano e il rito delle Propaggini si celebrano lo stesso giorno, il 26 dicembre.
 
Secondo una ricerca storica del Prof. Pietro Sisto dell'Università di Bari tramite documenti della prima metà dell'800 redatti da Giannangelo Morea viene fuori una prima connotazione documentata dell'apertura del Carnevale. Si parla di festa che poneva incontrapposizione la campagna e il paese. Infatti gruppi di contadini arrivavano in città con tutti gli arnesi utilizzati per i lavori nei campi e simulandone gli utilizzi come sorta di festeggiamenti e facendone così un rito propiziatorio per il raccolto della stagione avvenire. Purtroppo tali festeggiamenti diventarono terreno fertile per atti vandalici e di offesa verso altri concittadini tramite l'uso degli attrezzi che divenivano all'occorrenza armi contundenti, Pertanto con una delibera il governo cittadino di allora rese illegale l'utilizzo di attrezzi agricoli in metallo, lasciando il posto a realizzazioni omologhe in legno.
 

Secondo la descrizione storica del concittadino Avv. Giovanni Casulli riportata nelle sue memorie, nei primi del '900 tale evento subisce una prima trasformazione andando a rappresentare i contadini che lavoravano nelle vigne.

 

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