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CHIESA SAN PIETRO APOSTOLO

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La Cappella, comunemente detta di S. Anna, presenta ben due tele sovrap­poste di diversa dimensione, raffiguranti S. Anna, appunto, con la Madonna bambina e S. Gioacchino, e la Madonna in visione a S. Carlo Borromeo e a S. Filippo Neri.
 

La tela più grande occupa la parte centrale del dossale, che è diviso in tre zone da quattro colonne con i fusti animati da una tessitura di dentelli a zig zag; la più piccola pog­gia sulla sottostante prima trabeazione gravante sui capitelli corinzi, in corri­spondenza delle colonne interne. Nelle due nicchie, poi, che si aprono tra le stesse colonne, un tavolo e una seggiola sono le scarse suppellettili di quella stanza in cui si respira una tenera atmosfera intimistica, che, neppure la figura del Padre, in­trisa di luminosità, sul fondo, riesce a stemperare. La tela è firmata dal chierico pittore bitontino Nicola Gliri. Questi, nella seconda metà del XVII secolo, insieme a Carlo Rosa continuò, nelle chiese di S. Benedetto e dei Ss. Cosma e Damiano di Conversano, i cicli pittorici avviati da Paolo Finoglio e da Cesare Fracanzano, per poi soddisfare la committenza ecclesiastica di mezza Puglia, attenta alla richiesta devozionale dei fedeli. 

La tela centrale è un dipinto che riproduce un tema tanto importante e molto replicato nella iconografia controriformistica: il sodalizio spirituale tra i Santi Carlo Borromeo e Filippo Neri operanti teologicamente rispettivamente a Milano e a Roma nel XVI sec. Il primo, personalità eccezionale per impegno pastorale incarnò più dì ogni altro lo spirito della Controriforma, di cui fu il gestore, quale confutatore vivente del protestantesimo; il secondo, fondatore degli Oratoriani, si distinse la consolazione ai malati e i moribondi e umile maestro dei bambini. La tela, a firma di Gabriel De Sabbato· e datata 1705, è di buona qualità pittorica e si lascia ammirare per la ricerca di un equilibrio di soluzioni formali, dal tono religioso autentico, umano, quasi quotidiano.
 

In alto su un trono di soffici nubi vi è rappresentata la Madonna dall'ampio manto azzurro, che, sorreggendo con la mano destra il Bambino be­nedicente, posto in piedi, verso il quale rivolge il volto sorridente, gli indica con la sinistra i due Santi in basso. 

San Filippo, sorreggente un libro aperto su cui china gli occhi, è ri­volto con lo scanno verso il compagno; S. Carlo, con mozzetta rossa cardinali­zia, cerca riverentemente di girarsi verso il più anziano sodale, sollevando momentaneamente lo sguardo dal libro aperto che sostiene con la mano destra. Sul tavolinetto da studio e meditazio­ne, sistemalo obliquamente davanti, trovano posto un Crocifisso e la berretta rossa.
Interessanti gli angeli posti alle spalle di S. Filippo e di fianco a S. Carlo, attenti vigilanti partecipi. A commento di questi, una scritta su un cartiglio recita: «mundi per abstinentiam».
 

Criticamente il primo ad interessarsi del quadro e a tentarne un esame stilistico è stato Antonio Gambacorta, che a proposito scrisse: «È un buon dipinto che si inserisce nella pittura barocca pugliese con tendenze giordanesche» E a Luca Giordano, almeno come ispirazione iconografica (commissionate dai Padri dell'Oratorio, il grande pittore dipingeva nel 1704, un anno prima della morte, sei tele, tra cui «L'incontro dei Ss. Carlo Borromeo e Filippo N cri», «S. Carlo che bacia la mano a S. Filippo» assieme a «I due Santi in preghiera», per la terza cappella della navata destra della Chiesa dei Gerolomini dì Napoli), aveva guardato il nostro pittore. Il quadro è una rappresentazione serena dall'atmosfera intimistica, inserita in uno schema canonico, lontana dall'accoglimento stilistico delle nuove soluzioni formali e cromatiche dominanti a Napoli nel primo Settecen­to illuminista e riformatore.

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