I primi anni del XVI secolo si avvicendarono nella chiesa ipogea i Padri dell'ordine dei Carmelitani, che contribuirono a modificarne la struttura complessiva e ad incrementare le opere d'arte presenti.
Durante i primi decenni del 1500 la grotta si trasformò radicalmente andando ad aggiungere alla parte centrale, quindi l'Altare maggiore e la cappella angioina, altre due nicchie poste lateralmente ad essa e cioè quella sulla sinistra, dove è custodita la statua di
San Michele che
domina e sconfigge il drago, opera del grande scultore Stefano da Putignano (come evidenziato dalla firma posta in basso alla scultura stessa) e la nicchia che si trova sulla destra, dove è rappresentata la
Madonna del Carmine tra Sant'Angelo Martire e Sant'Alberto opera attribuita al pittore putignanese
Francesco Palvisino (attribuzione non dimostrata al 100%). Si pensa che quest'ultima nicchia possa aver ospitato, prima della pittura a muro, la statua di San Sebastiano successivamente spostata nella
Cappella di San Cesario e dei santi protettori minori della chiesa madre di San Pietro Apostolo.
I padri Carmelitani fecero realizzare anche altre nicchie presenti a metà della scalinata di accesso alla grotta, e nello specifico quella contenente una statua della Vergine col Bambino che si prepara ad essere incoronata da due angeli che scendono dal cielo, opera di allievi di bottega di Stefano da Putignano.
Spostandoci di due secoli in avanti a meta del XVIII secolo ci sono ulteriori abbellimenti. Uno tra questi l'altare e la balaustra in pietra posta sotto la nicchia dov'è posta la statua di San Michele.
Nel XIX secolo la proprietà del sito passa nelle mani della famiglia Romanazzi Carducci e poi durante il periodo fascista, tutta l'area passa nelle mani del Consorzio Provinciale Antitubercolare.